L’elevata disponibilità di materie prime dello scorso secolo ha permesso di fare affidamento su un’economia di tipo lineare, caratterizzata dal classico take – make – dispose, che comporta la trasformazione in prodotto delle materie prime, il suo utilizzo e per ultimo lo smaltimento. Ma il modo in cui produciamo e consumiamo ha un impatto sull’ambiente. Con l’aumento della popolazione, la diminuzione delle materie prime, e le maggiori emissioni di CO2 il modello economico lineare non è più sostenibile.
Necessitiamo un cambio di business model, che tenga in considerazione le attuali dinamiche ambientali. Subentra il modello di Circular Economy, ovvero un’economia circolare in cui si elimina il concetto di fine vita di un prodotto, facendo sì che vengano messe in atto strategie per allungarne la durata, rigenerarlo e prevenire la produzione di rifiuti. Questo implica circolarità nell’intero processo, passando dall’idea e dal design, alla manifattura, la distribuzione, il consumo, l’utilizzo o riutilizzo, la raccolta e il riciclo.
I tre pilastri dell’economia circolare, Reduce, Reuse, Recycle, definiscono bene quello che significa ripensare al prodotto e al suo life cycle. Questo implica ridurre gli sprechi, riutilizzare i materiali e riciclare laddove possibile. Significa ripensare alle singole attività che intervengono in questi processi di produzione, distribuzione e consumo, in cui il rifiuto o lo scarto di qualcuno può diventare una risorsa per qualcun altro. La creazione di un nuovo prodotto a partire da materiali riciclati diventa quindi una scelta sostenibile a basso impatto ambientale.
Ma come valutare l’impronta ambientale di un prodotto? Interviene in questo senso l’LCA – Life Cycle Assessment, una metodologia che permette di fare una valutazione accurata delle conseguenze sull’ambiente nel corso del ciclo vita di un prodotto o un’attività, quindi a partire dalla collezione delle risorse primarie al suo smaltimento. In senso circolare, fino al suo riciclo e riutilizzo. La metodologia LCA permette di ottenere la Certificazione ISO 14040:2021 in seguito a un audit aziendale e di intervenire laddove necessario nelle varie fasi del ciclo vita di un prodotto o servizio e contemporaneamente, di effettuare scelte strategiche anche in ottica di marketing e comunicazione del brand.
La fiera Ecomondo a Rimini, tenutasi dall’8 all’11 Novembre 2022, si focalizza proprio sul tema della Circular Economy. Si tratta di un appuntamento annuale che riunisce in un unico hub gli operatori dell’economia circolare facendo da punto di riferimento per la transizione ecologica e che quest’anno ha celebrato la sua 25° edizione con 1400 espositori. Le discussioni si sono sviluppate intorno ai temi della transizione ecologica, la green economy, la sostenibilità ambientale e il futuro dell’economia circolare. Presente in fiera Too Good To Go, applicazione ormai conosciuta che permette di combattere gli sprechi alimentari mettendo a disposizione a fine giornata gli alimenti invenduti a prezzi decisamente ridotti. Ecco un esempio di economia circolare e sostenibilità ambientale. Ulteriore testimonianza di circolarità è Ikea, che punta a un futuro a zero sprechi studiando delle soluzioni di rivendita, riutilizzo e affitto dei mobili usati con l’obiettivo di darli una nuova vita.
L’Unione Europea stessa si sta muovendo da tempo in questa direzione. In linea con il Green Deal si inserisce l’approvazione di un Pacchetto sull’Economia Circolare, verso un’ottica di riduzione degli sprechi e salvaguardia dell’ambiente. In merito sono stati stabiliti obiettivi ambiziosi di riciclaggio, due in particolar modo: il riciclo entro il 2030 di almeno il 60% dei rifiuti urbani e il 70% di quelli derivati da imballaggi, avendo come obiettivo comune la riduzione dello smaltimento in discarica.
In generale, si parla anche di bioeconomia circolare, parte integrante dell’economia circolare e che si basa interamente sul biologico. In termini generici, per bioeconomia circolare si intende la produzione di risorse biologiche rinnovabili e la conversione di queste risorse e dei loro rifiuti in prodotti a valore aggiunto. Significa quindi che tali risorse non vengono dissipate nell’ambiente ma i loro scarti riutilizzati per altri scopi, come la produzione di mangime, bioenergia e prodotti biologici in generale. Per esempio, per un impianto a biogas per la produzione di energia elettrica è possibile utilizzare gli scarti dell’industria agroalimentare. E ancora, è possibile creare un tessuto a partire dagli scarti di una mela.
Numerosi sono gli esempi e l’applicazione di queste pratiche, il Reduce, Reuse, Recycle comporta un diverso approccio produttivo e relativo al consumo che apre le porte a un nuovo modello di business. Ciò comporta anche delle scelte da un punto di vista etico e la progettazione dei prodotti secondo un’ottica ecologica e sostenibile. L’impegno necessario da parte delle imprese, dei policymakers e delle organizzazioni avvia un processo che prende in considerazione l’impiego delle nostre risorse in un’ottica di conservazione ambientale, in un periodo storico in cui è diventato ormai cruciale cambiare determinate dinamiche per preservare il nostro pianeta. Il concetto di economia circolare non rappresenta un’opzione, quanto piuttosto una scelta obbligata e necessaria per la salvaguardia dell’ambiente.
Chiara Capraro