Fare delle previsioni per il settore dell’automotive appare in questo momento molto difficile: sono molte le variabili da tenere in considerazione. In questi ultimi anni, il settore dell’automotive, come molti altri settori, ha dovuto affrontare moltissimi cambiamenti e non poche difficoltà. Basti pensare al fermo produzione dovuto al Covid-19, alla difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e la scarsità di semiconduttori, ma anche l’impennata nei prezzi dell’energia. Tutto questo in uno scenario che è quello della transizione e trasformazione nel segno della riduzione dell’impatto ambientale. In particolare, quest’ultimo punto apre sfide che molti avranno un impatto tragico sul settore.
Settore automotive: sfide e opportunità per il futuro
L’Europa, infatti, per azzerare le emissioni di CO2 entro il 2035 e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, punta allo stop della vendita, e dunque della produzione, dei veicoli a motore endotermico. Questa decisione avrebbe una ricaduta da non sottovalutare per un paese come l’Italia, che non solo è un Paese in cui si producono automobili, ma è un Paese che ha una spina dorsale legata al settore automotive ad ogni livello. La filiera in senso stretto rappresenta il 5,6% del PIL Italiano, secondo gli studi di Confartigianato, Figisc e Confcommercio. Inoltre, sono 290.000 gli addetti in Italia che lavorano nel comparto automotive diretto, e 168.000 gli addetti nella produzione di componenti. Non contando tutti i comparti che ruotano, per qualche motivo, attorno all’automotive. I costi economici e sociali, dunque, sarebbero non di poco conto: in questo rischio di deindustrializzazione molte sarebbero le aziende che potrebbero fallire e molti i posti di lavoro a rischio.
Il passaggio all’elettrico presenterebbe anche altre criticità, soprattutto dal punto di vista infrastrutturale e di distribuzione dell’energia elettrica. In Italia, la distribuzione geografica dei punti di ricarica auto, per esempio, non è omogena e le colonnine che forniscono corrente continua producendo più di 100 kW sono poche. In più, installare un punto di ricarica richiede molto tempo e ha dei costi elevati.
Da non sottovalutare è la dipendenza che i car maker italiani ed europei avrebbero nei confronti di quei paesi che presentano disponibilità di elementi utilizzati per la fabbricazione del rotore di un motore elettrico, componente necessario nelle automobili elettriche, ma non solo, perché lo troviamo anche in mezzi leggeri come la bicicletta. Si tratta di quei paesi, come la Cina, in cui si concentra la produzione di minerali REE (Rare Earth Metals), elementi assenti in Europa. Per l’approvvigionamento di questi materiali, infatti, i Paesi europei sono completamente dipendenti dagli asiatici e la produzione e la vendita delle auto elettriche porterebbe dunque l’Europa a legarsi indissolubilmente a quelli.
Infine, oggi, in Europa sono circa 300 milioni le auto che circolano: di queste, solo l’1,4% è dotato di motore elettrico. Ci vorranno, dunque, anni affinché queste proporzioni cambino. Anche se venissero vendute 15 milioni di auto elettriche all’anno, servirebbero in ogni caso vent’anni per fare uscire dal mercato l’ultima automobile con motore a combustione e per avere un parco completamente elettrico.
Prospettive future e strategie
In questo scenario di grande incertezza, è necessario che l’Europa adotti delle politiche industriali mirate alle effettive esigenze di chi lavora nella filiera dell’automotive. La transizione va governata altrimenti i costi economici e sociali diventano insostenibili. A livello nazionale, è necessaria una strategia che incentivi l’attività di ricerca e sviluppo, le collaborazioni tra aziende, e che promuova investimenti diretti stranieri. Sicuramente per le aziende che operano nel settore automotive sarà necessario uscire dalla propria comfort zone, gestire complessità e incertezza e proiettarsi verso l’innovazione in termini di prodotto e modelli di business.
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