Cina 2023, si (ri)parte dai consumi

Come ogni anno arriva puntuale il Rap­porto annuale edito da Italy China Council Foundation – una delle pubblicazioni annuali sulla Cina più complete che si possa trovare in Italia – quest’anno giunto alla sua 14° edizione e presentato in una veste grafica totalmente nuova e diviso per la prima volta in due parti (la seconda arriverà a settembre con i dati del secondo trimestre per essere il più aggiornato possibile).

Presentato il 4 maggio presso la sede di Confcommercio a Milano, la prima parte del Rapporto annuale “Cina 2023, si (ri)parte dai consumi” offre uno scenario utile alle PMI italiane che già operano con la Cina o che vogliono iniziare a farlo, analizzando le criticità per la ripartenza dei consumi privati, l’evoluzione del consumatore cinese in questi ultimi anni, ma anche la nuova geografia dei consumi in Cina e le principali tendenze di consumo. Consumi che sono stati il motore della ripresa economica cinese nel primo trimestre 2023 ma che tuttavia crescono in maniera disomogenea.

Cina: un ottimo partner per gli scambi commerciali extra-europei

La Cina ad oggi rappresenta il 10° mercato di destinazione per l’export italiano, il 4° extra-europeo, il 1° in Asia ed è il 2° fornitore dell’Italia, dopo la Germania, mentre il nostro Paese è il 24° fornitore della Cina e il suo 22° mercato di sbocco.

Secondo Istat, il valore di interscambio complessivo nel 2022 ha raggiunto €73,9 miliardi (+36,3% a/a), di cui €57,5 miliardi (+49% a/a) di importazioni dalla Cina in Italia e €16,4 miliardi (+0,5% a/a) di esportazioni italiane in Cina. Nello specifico, a livello regionale, il Nord Italia registra il più alto numero di regioni con importanti valori di interscambio commerciale: Lombardia (33,8% export; 39,8% import), Emilia-Romagna (16,7% export; 10,25% import), Piemonte (11,8% export; 7% import), Toscana e Veneto.

Parlando dei settori da tenere in considerazione per gli investimenti in Cina, il Rapporto annuale evidenzia come, nell’ultimo anno, i settori con i valori più interessanti di crescita di export italiano siano quelli in linea con gli sviluppi del mercato cinese, in particolare il settore farmaceutico (+50% a/a, pari a €1,5 miliardi) e quello chimico (+20,8% a/a, pari al valore record di €1,43 miliardi). Da tenere in considerazione anche il settore tessile e dell’abbigliamento (+12,4% a/a, pari a €3,5 miliardi), quello dei macchinari, dell’automotive e del food&beverage.

Il Rapporto annuale riporta inoltre una serie di raccomandazioni per le imprese italiane:

  • la prima, ed imprescindibile, è quella di fare maggiori investimenti nel digitale, un must ormai non solo per le imprese con prodotti di consumo e servizi, ma anche per il mondo B2B
  • su questa linea, è anche importante allineare i propri prodotti con le nuove richieste dei consumatori cinesi, sempre più propensi a premiare le aziende in grado di produrre un impatto sociale positivo
  • altra indicazione è quella di instaurare collaborazioni strategiche con partner in loco poiché può facilitare l’attività delle imprese italiane, permettendo di instaurare migliori relazioni con i consumatori e di sfruttare canali commerciali già esistenti
  • è necessario infine prevedere nuove strategie per rimanere competitivi nel mercato cinese, includendo ad esempio città secondarie e localizzate in Cina, per servire in maniera più efficiente il mercato interno.

Nuove opportunità da cogliere

Sebbene il Paese del Dragone rappresenti in diversi setto­ri un competitor di livello internazionale, risulta essenziale evidenziare alcune opportunità come il fatto che sia un mercato di grande prospettiva per la domanda interna in crescita, alimenta­ta da un reddito pro capite in aumento e dalla predilezione, da parte di una crescente fetta di consumatori abbienti, per le eccellenze del Made in Italy e che sia un attore sempre più rilevante nei settori high-tech grazie alle risorse investite nell’ecosistema della ricerca, dell’innovazione e del digitale.

Nonostante il quadro positivo presentato per le aziende italiane, l’Italia si trova al momento in una situazione diplomatica in divenire con la Cina: entro la fine dell’anno il nostro Governo dovrà infatti decidere se uscire dall’accordo della One Belt One Road (BRI) firmato nel 2019 (l’Italia è l’unica nazione del G7 ad aver ufficialmente aderito).

Il memorandum of understanding firmato prevede il rinnovo automatico per altri cinque anni, a meno che l’Italia non comunichi a Pechino di voler recedere entro il prossimo dicembre. Gli alleati euroatlantici sperano nell’uscita dell’Italia dall’accordo, ma l’esecutivo allo stesso tempo non vuole pregiudicare i rapporti con la Cina per timore di ritorsioni e conseguenze soprattutto sul fronte commerciale e per questo ha chiesto informalmente di prorogare di qualche mese la decisione.

Preso atto della situazione, e considerando l’influenza crescente della Cina non solo in oriente ma in Africa ormai da molti anni e da qualche tempo anche nei Balcani, la decisione sulla One Belt One Road potrebbe cambiare le dinamiche degli scambi commerciali dell’Italia dei prossimi anni, sarà quindi necessario lavorare per interagire al meglio con la Cina rafforzando il dialogo per garantire un ulteriore sviluppo della cooperazione commerciale.

Chiara Origlia

 

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