Make in India, opportunità e sfide per le imprese italiane

Roncucci&Partners, insieme a Confindustria Romagna, ha promosso e moderato il webinar “Make in India, Opportunità e sfide per le imprese italiane” al quale hanno preso parte l’ambasciatore italiano in India Vincenzo De Luca, Claudio Maffioletti, CEO e Segretario generale della Camera di Commercio Italo-Indiana, Vita Zinna e Ravi Garyali, Project Managers di Roncucci&Partners India. L’evento è stato moderato da Giovanni Roncucci, Chairman di Roncucci&Partners, e da Federico Rubini, Project Manager.

L’ambasciatore De Luca ha aperto i lavori del webinar illustrando le opportunità crescenti in India che si schiudono alla luce delle nuove dinamiche di internazionalizzazione dei mercati, nell’ambito dei processi di ridefinizione degli approvvigionamenti e dei mercati di esportazione. L’India, in questo scenario, rappresenta un paese interessante: è il paese più popoloso al mondo dopo la Cina e la sua economia cresce con una previsione dell’8% per il 2023, contro una media globale del 3,6%. L’India corre veloce, come sottolinea l’ambasciatore, e questa non è una novità: nei sette anni successivi all’elezione di Modi nel 2014, il PIL indiano è cresciuto del 40%; solo la Cina è riuscita a fare meglio. L’India, dunque, è destinata ad avere un peso non indifferente sull’economia mondiale. Lo sviluppo economico degli ultimi venti anni, inoltre,  ha portato ad una riduzione della poverà e ha permesso alla classe media di espandersi. Questo dovrebbe essere un traino per la domanda di beni di consumo.

L’India sta investendo molto in settori in cui il Made in Italy eccelle e lo sviluppo economico del paese nei prossimi anni dipenderà dagli obiettivi che il programma “Make in India” porta avanti: manifattura avanzata, transizione energetica ed economia digitale. Appaiono molte, dunque, le occasioni di business da cogliere in India: in particolar per il settore dei macchinari meccanici ed elettrici, che offre interessanti prospettive per il Made in Italy e, in particolare, in vista del possibile accordo di libero scambio India-UE, per il quale si sono ripresi i negoziati.

L’ambasciatore De Luca segnala poi diverse iniziative portate avanti da ICE e Sace nell’attività di assistenza, informazione e promozione delle aziende italiane in India. Un servizio lanciato di recente da Sace è il programma “Push Strategy”: Sace, attraverso la sua garanzia, consente ai buyer indiani di avere tassi di interesse su linee di credito a lungo termine, con l’obiettivo di sviluppare il procurement delle imprese italiane.

Interviene poi Claudio Maffioletti, secondo il quale l’India è un paese da scoprire e una terra da comprendere. Per le imprese italiane l’India rappresenta un mercato di sbocco valido, in quanto il paese è interessato principalmente alla capacità manifatturiera dell’Italia. Basti pensare che la manifattura e l’agricoltura insieme non arrivano a coprire il 30% del PIL indiano: questo significa che il paese è ancora fortemente ancorato all’interscambio. Come sottolinea Maffioletti, c’è un interesse crescente da parte delle imprese indiane a creare joint ventures con imprese italiane, di solito di tipo brownfield. Questi investimenti cross border tipici in India non sono volti alla delocalizzazione, ma dovuti ad un interesse specifico per il mercato indiano.

L’India rappresenta dunque un paese interessante per l’Europa, ma al tempo stesso è un paese fortemente interessato all’Europa. Più di 600 aziende italiane hanno investito in India: l’interesse principale da parte del mercato indiano, al di là dell’import dei semi lavorati in metallo e di alcuni generi, è la capacità manifatturiera italiana. Tuttavia, non si può pensare di fare affari con l’India se non la si vede: è un altro mondo, un mondo a sé, anche se è possibile intercettare diversi elementi di similarità con l’industria italiana. Basti pensare che il tessuto economico è fatto principalmente da micro, piccole e medie imprese, anche se, come sottolinea Giovanni Roncucci, è forte la presenza di grandi gruppi industriali attivi in settori molto diversificati, come il Gruppo Adani.

Nonostante le semplificazioni burocratiche degli ultimi anni, il mercato resta complesso, con grandi diversità geografiche, come sottolineano Vita Zinna e Ravi Garyali, Project Managers di Roncucci&Partners India, e con diverse barriere linguistiche. In India l’inglese è certamente diffuso da nord a sud, ma le aziende italiane che vogliono andare in zone poco presidiate devono tenere presente che forse l’inglese non è la vera lingua di accesso, come si può pensare.

Per andare in India, secondo Ravi Garyali, bisogna guardare a ciò che accomuna India e Italia: etica, valori familiari, relazioni interpersonali stabili. Bisogna poi essere flessibili, agili nel modificare la strategia. È necessario prima di tutto uno studio di fattibilità sulla possibile penetrazione di un prodotto nel mercato indiano e poi va individuata l’area geografica adatta. Inoltre, l’approccio deve essere di lungo termine, e non bisogna fermarsi davanti alle criticità. Le aziende che approcciano l’India, infine, devono anche prepararsi ad offrire un servizio post-vendita, essenziale per l’interlocutore indiano.

Come sostengono i relatori, dunque, l’India è il futuro, quindi bisogna studiarla, analizzarla, e avere la pazienza di creare relazioni stabili e durature. Penetrare un nuovo mercato significa proprio questo: analizzarlo, comprenderlo, conoscerne la cultura, i gusti e i bisogni dei consumatori, i trend economici, i competitor e di conseguenza “armarsi” dei migliori strumenti per farsi apprezzare e riconoscere. Serve poi rielaborare le informazioni acquisite in un piano strategico coordinato, basato su obiettivi specifici e coerenti tra loro e che si trasformi sul campo in una serie di azioni concrete per raggiungerli.

 

 

Martina Villa e Valentina Gestri Paolucci

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